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INTERVISTA A RENATO GIAVAZZI

«Bergamo – Treviglio? Non faremo sconti»

Il presidente di Confagricoltura Bergamo chiede un tavolo sulla quarta gamma con tutti gli attori che eviti il collasso

«Bergamo – Treviglio? Non faremo sconti»

Il presidente di Confagricoltura Bergamo pronto per l'assemblea di lunedì 10 luglio 2023

Un’altra assemblea, i soci in crescita e tante sfide, per il «vecchio leone» dell’agricoltura bergamasca, quel Renato Giavazzi presidente di Confagricoltura Bergamo dal 1997, ma più combattivo che mai, mentre il suo rivale storico, il presidente di Coldiretti Bergamo Brivio, ha passato il testimone proprio nei giorni scorsi.

 

Presidente, l’agricoltura orobica a metà del guado, tra crescita e criticità, cosa prevale in questo momento?

«Non so se siamo alla metà del guado, so che il nostro settore fa fatica a programmarsi. Peraltro, la sensibilità dell’opinione pubblica orobica e delle istituzioni, è piuttosto miope sui veri temi agricoli; ci sono grati perché siamo attenti alla sostenibilità ambientale e sociale, ma non si rendono conto di quello che siamo “stufi” di ripetere: non si va da nessuna parte senza che ci sia anche sostenibilità economica».

 

Confagricoltura è in prima linea nella difesa del suolo pubblico: il presidente di Coldiretti uscente Brivio nel suo congedo ha parlato di situazione fuori controllo. Che ne pensa?

Penso ci sia poca coerenza in certa parte del mondo economico, ma soprattutto in quello politico. Comunque, pur non essendo presenti in alcuni enti, a causa di assurde logiche di rappresentanza, dimostreremo con i fatti che la nostra associazione c’è, è viva e sa rappresentare al meglio gli interessi degli agricoltori sul fronte del consumo di suolo, tanto che abbiamo già risposto alla chiamata dei Comuni contrari alla Treviglio-Bergamo, senza mediazione alcuna, perché non è più tempo di mediare, ma di schierarsi senza se, e senza ma. Non faremo sconti. Il presidente Brivio ha ragione ad essere pessimista, ma mi auguro che la situazione non sia ancora fuori controllo: sta a noi dimostrarlo».

 

La quarta gamma resta uno dei settori più strategici per l’agricoltura bergamasca: qual è il nervo scoperto ancora da debellare?

«Io sono anche produttore di quarta gamma: per la prima volta nella storia del settore, si deve prendere atto di essere praticamente al collasso. Molte aziende non ce la faranno a resistere a lungo, dovranno fermarsi. Tra le cause, i costi dei materiali, saliti in modo spropositato e il caro materie prime e l’energia, per non parlare dell’inflazione, a fronte di prezzi dei nostri prodotti invariati dal 2012. La Gdo sta facendo il “bello e il brutto tempo”, i discount le fanno concorrenza sleale, ma questo non deve essere una scusa per non sbloccare i prezzi che, in ogni caso, al dettaglio e per il consumatore sono “saliti” eccome. Bisogna far sedere al tavolo dell’interprofessione tutti i soggetti della filiera: basta con le dichiarazioni di intenti, si deve agire al più presto, senza commistione fra gli altri due soggetti principali della filiera, industriali e produttori: l’industria non dovrebbe mai mediare in vece nostra. Oggi abbiamo un’offerta di prodotti di quarta gamma in forte eccedenza. La ricetta che proporrei? Ci vuole una Authority (sia per la quarta gamma ma anche per il latte), che, faccia sedere rapidamente al tavolo della filiera tutti gli attori, tutelando anzitutto gli interessi di ogni membro».

 

Coldiretti ha salutato il suo storico presidente Brivio, lei resta ancora saldo al timone, pur avendo una lunga militanza: salutando il nuovo leader dei «cugini» Borella, che augurio si sente di fare, in relazione ai rapporti non sempre idilliaci tra le due associazioni?

«Sono stato invitato all’assemblea Coldiretti dove si è ufficializzato il passaggio di consegne tra Alberto Brivio e Borella: invio dapprima un caro saluto ad Alberto, allineandomi ai tanti apprezzamenti ricevuti. Non vorrei dire altro, perché le dinamiche elettorali di Coldiretti sono molto diverse dalle nostre. Mentre faccio l’augurio di buon lavoro al neo presidente Borella, auspico che i rapporti tra le nostre organizzazioni ritornino ad un franco e leale confronto».

 

I giovani sembrano sempre più attratti da attività agricole, alternative, non più legate alla zootecnia e ai campi: l’agricoltura potrebbe cambiare il suo baricentro?

«No, per il momento, e per fortuna, il baricentro dell’agricoltura bergamasca non cambierà: ben vengano le start up anche verso produzioni diverse, ma credo sia meglio che rimangano di nicchia, nel senso positivo del termine, perché in caso contrario vedo il rischio di inflazionare settori che non hanno una risposta di mercato adeguata».

 

A che punto siamo con l’implementazione di tecnologia e digitalizzazione nelle vostre imprese?

«Non bene come vorremmo: alcune aziende hanno investito ma i costi per queste operazioni, che spesso possono portare grandi benefici economici e ambientali sono elevati e la liquidità della maggior parte delle piccole-medie aziende agricole non consente certi investimenti, specie ora, con i costi saliti alle stelle. Avremmo bisogno non solo di continuità, con una 5.0 ancora più performante. E soprattutto che anche per l’agricoltura ci siano fondi del Pnrr e dei Psr: Ue, Governo e Regioni si rendano conto che non c’è solo il manifatturiero in Italia».

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