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CONVEGNO
08.09.2023 - 09:13
Sul modello americano, si svilupperanno presto anche in Italia i crediti di carbonio in agricoltura. In sostanza, le industrie diventeranno clienti delle aziende agricole, che avranno l’opportunità di vendere sul mercato o direttamente alle società più inquinanti, certificati negoziabili come titoli equivalente ad una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita grazie a pratiche virtuose e sostenibili.
La novità è emersa durante il convegno «Agricoltura Digitale: Tecnologie e Competenze per Sistemi Agricoli Sostenibili» realizzato in collaborazione con il «Food&Science Festival» da Confagricoltura Bergamo all’interno della Fiera di Sant’Alessandro e moderato dal giornalista Gianluca Dotti.
«Siamo di fronte ad un vero cambiamento tecnologico e culturale – conferma Enzo Ferrazzoli, direttore di Confagricoltura Bergamo -. L’agricoltura digitale e la gestione dei dati raccolti saranno sempre più strategici per le nostre aziende. L’introduzione dei crediti di carbonio spingerà tutto il mondo agricolo verso una maggiore sostenibilità, che si traduce in un risparmio delle risorse e meno sprechi per il bene di tutta la comunità».
Bruno Basso, docenti di Scienze della Terra e dell’Ambiente presso la Michigan State University, è intervenuto in collegamento da New York per evidenziare come «la bioeconomia circolare e l’agricoltura rigenerativa, oltre alla diminuzione dell’inquinamento e al miglioramento del sistema, è in grado di portare un beneficio economico agli agricoltori. Negli Usa, dove in media ogni azienda conta 220 ettari, il 68% del mais è raccolto con sensori di resa, mentre il 45% è mappato con mappe di resa – prosegue Basso -. Le mappe di stabilità sono utili per certificare le emissioni evitate in agricoltura (causate da fertilizzanti, carburanti, agrofarmaci, semi, decomposizione della sostanza organica e azoto), che si trasformano in carbon credit. Una volta certificati, sono particolarmente richiesti dalle industrie alimentari e multinazionali, ma vengono acquistati sia da società private che pubbliche: un mercato che ha un potenziale superiore ai 2 miliardi di dollari all’anno».
Marco Piras, professore ordinario in Geomatica presso il Politecnico di Torino, afferma che «l’agricoltura di precisione 4.0 è il nuovo ecosistema digitale verso l’evoluzione del comparto, dove scendono in campo hardware e software, in grado di fornire dati utili a coloro che prendono decisioni. Non parliamo solo di tecnologie, ma di una vera strategia di gestione dove le informazioni vengono combinate per ottimizzare risorse, produttività e sostenibilità. Questo mercato cuba 1.6 miliardi di euro e almeno il 64% delle aziende italiane utilizza almeno una di queste soluzioni: dalle mappe satellitari ai droni, fino ai sensori in campo, con il supporto dell’intelligenza artificiale – conclude Piras -. Agricoltura e digitale rappresentano un binomio possibile. In Italia ogni azienda coltiva in media 11 ettari di terreni e l’80% prevede investimenti in tecnologie 4.0 nel prossimo triennio. Occorre chiaramente ponderare gli investimenti, tenendo presente che grazie alle tecnologie si può risparmiare fino a 155 euro per ogni ettaro coltivato a mais».
L’esperienza in campo
Lucrezia Biava si è laureata in ingegneria e ha deciso di tornare alla natura, avviando nel 2019 la società agricola «L’Acqua Viva» Srl. A Zanica è attiva la coltivazione di piccoli frutti su 4 ettari di terreno. «Abbiamo introdotto tecniche di coltivazione innovative, legate in particolare all’idroponica – commenta Lucrezia Biava -. Sin da subito abbiamo puntato sul risparmio idrico e sulla sostenibilità con tecnologie sia in serra che in campo dove ci occupiamo di piccoli frutti da fragole a fragoline di bosco e lamponi. E’ chiaro che gli investimenti iniziali sono importanti, ma occorre vederli in una prospettiva a lungo termine. Oltre alla riduzione dell’utilizzo di acqua, un bene sempre più prezioso, abbiamo installato reti per proteggere le coltivazioni da grandine e insetti, in modo da evitare trattamenti fitosanitari – conclude Lucrezia Biava -. In questo modo abbiamo ridotto drasticamente l’utilizzo di fitofarmaci ottenendo un duplice vantaggio: evitiamo di inquinare l’ambiente e garantiamo la salubrità dei nostri prodotti al consumatore finale».
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