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Latte: che autunno ci aspetta?

L'analisi di Antonio Boselli, allevatore e presidente di Confagricoltura Lombardia

Latte: che autunno ci aspetta?

I produttori di latte si stanno chiedendo cosa aspettarsi dall’autunno. La risposta non è semplice, i segnali che arrivano dai mercati sono contrastanti e l’evoluzione delle situazioni non chiara.

In primis, questioni di ordine generale che tendono a destabilizzare le produzioni di latte. Sono i cambiamenti climatici, i numerosi adempimenti di carattere ambientale e burocratico, l’incremento dei costi di produzione per manutenzioni ed investimenti, e la questione sanitaria con alcune epizoozie, come la dermatite nodulare contagiosa, che assilla gli allevatori. Ma anche la “percezione” del nostro mondo da parte di cittadini e consumatori.

Poi i mercati. Quello italiano, e lombardo, è trainato storicamente dalle due Dop di riferimento: il grana padano ed il parmigiano. Le cui produzioni e quotazioni sono da diverso tempo collocate su livelli alti; con una decisa valorizzazione della materia prima latte di cui ha beneficiato la base produttiva. Resta la preoccupazione sulla tenuta nel tempo di questo trend, visto che la produzione di Grana padano nel primo semestre ha toccato punte massime ben oltre un fisiologico ed equilibrato aumento produttivo.

Sui mercati internazionali l’export lattiero caseario ha tenuto molto bene negli ultimi due anni con una decisa tendenza alla crescita, bilanciando una stagnazione dei consumi a livello nazionale. A rendere più problematica la situazione sono intervenuti i dazi di Trump, con una politica ambigua e mutevole, che porta incertezza e preoccupazione visto che l’Europa è un forte esportatore di prodotti lattiero-caseari, e gli Usa uno dei principali acquirenti. Ad oggi abbiamo un dazio standard  del 15%, che per il grana padano e il parmigiano è un ritornare a una situazione preTrump, ma per altri formaggi, come il pecorino romano che precedentemente entrava a dazio zero, è molto penalizzante. Quindi una situazione che si è “normalizzata“per le due maggiori Dop ma peggiorata per altre.

Da inizio anno le quotazioni del latte si mantengono intorno ai 60 centesimi al litro, anche se in queste ultime settimane si sta osservando un certo appesantimento del mercato con un rallentamento delle quotazioni del latte spot. Considerando che siamo in estate con una diminuzione della produzione bisognerà vedere cosa succederà in autunno-inverno con l’andamento delle produzioni in aumento.

La “tenuta” del prezzo del latte di questi mesi lo si deve anche al contenimento produttivo a livello europeo soprattutto per questioni di norme ambientali, che, come in Olanda e Danimarca, hanno colpito gli allevamenti da latte.  Ma si nota anche una certa disaffezione tra i produttori nei confronti della politica europea, fin qui molto sbilanciata su questioni green piuttosto che di sostegno agli aspetti produttivi e competitivi delle nostre aziende. Gli ultimi segnali su questo fronte non sembrano essere molto incoraggianti.

In questo quadro si sono inserite alcune affermazioni decisamente stonate di alcuni  esponenti della trasformazione, essi stessi soggetti in buona misura a gran parte delle variabili indipendenti descritte sopra che, a fronte di alcuni segnali di stagnazione o leggero cedimento dei mercati, non hanno trovato di meglio che attribuirne la maggiore responsabilità al prezzo del latte giudicato troppo elevato. Sono dichiarazioni inaccettabili con cui si cerca di scaricare colpe e costi solo sul primo anello della catena, dimenticando che tutta la filiera deve lavorare (e distribuire in maniera equa gli utili) per rendere più efficiente, competitivo e più attrattivo il settore lattiero caseario.

Le produzioni Dop sono il traino per tutto il settore, rappresentano il meglio e il più ricercato e apprezzato prodotto della nostra industria casearia, certo occorre una crescita equilibrata, lavorare molto sulla promozione e la ricerca di nuovi mercati, garantendo nel contempo una migliore valorizzazione della materia prima latte. Non ultimo, ma questo vale per tanti prodotti agricoli, occorre vigilare perché non si inneschino speculazioni finanziarie, vista anche l’attuale situazione economico-politica.

Sono per mia natura tendenzialmente ottimista anche se mi rendo conto del momento non facile, occorre ristabilire un nuovo clima di fiducia, gli agricoltori investendo per rendere più competitive le aziende e adeguarle ai sempre crescenti standard di sicurezza alimentare, occorre rendere la filiera più resiliente e con una maggiore capacità di adeguarsi alle mutate situazioni di mercato.   Occorre ragionare di più come filiera e non far prevalere gli interessi di singole componenti.

brandobonacini@gmail.com

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